Nasce Enklave Rimini

A metà maggio 1945, finita la guerra, il territorio di Rimini viene investito da una nuova occupazione militare. Gli inglesi hanno scelto quest’area per ospitare un ingentissimo numero di prigionieri tedeschi e di altre nazionalità collaborazioniste. Almeno 150.000 secondo i piani alleati, gli uomini della Wehrmarcht e delle Waffen SS ammassati in un enorme ed eterogeneo agglomerato multietnico, che verrà chiamato Enklave Rimini, compreso fra Cervia e Riccione, a cavallo della Statale 16. La zona viene suddivisa in una quindicina di campi, poco più che terreni recitanti con filo spinato e torrette di guardia, sorvegliati soprattutto dai polacchi del secondo corpo d’armata (VIII Armata inglese). Con l’arrivo dell’autunno, insieme ai primi rimpatri, il grosso dei prigionieri è trasferito nel cosiddetto Winterlager(lager d’inverno), allestito nello spazio oggi occupato dall’aeroporto di Miramare e dai terreni adiacenti. La presenza di questa indesiderata marea umana, a ridosso della costa romagnola, condiziona in maniera pesante la ricostruzione ed il ritorno alla normalità nelle località della riviera.

Premuta da queste urgenze e preoccupazioni la giunta Clari, la prima post liberazione a Rimini, tenta di opporsi a quella nuova “invasione” voluta dai comandi alleati. Ma ogni resistenza è vana. All’interno dell’Enklave, dopo alcune settimane di stenti e difficoltà, garantita la sopravvivenza, si instaurarono rapporti corretti fra vinti e vincitori, e furono permesse molte attività di carattere formativo, culturale, sportivo e ricreativo in genere.

Viene addirittura istituita, ad Igea Marina, una università (Alma Mater Bellariensis) attiva nell’estate 1945.

I prigionieri, suddivisi in “gruppi di lavoro” vengono anche utilizzati, su scala nazionale, sui cantieri della ricostruzione.

Pur senza un preciso piano di “denazificazione” gli Alleati, consentendo la circolazione delle notizie ed in qualche misura un aperto confronto fra i prigionieri, attraverso le pagine dei giornali stampati nell’Enklave, si propongono di gettare le basi di una nuova consapevolezza democratica.

Insomma, non c’è alcun dubbio che quelli rinchiusi nei campi romagnoli sono un gruppo privilegiato fra i milioni di prigionieri caduti in mano alleata, soprattutto sovietica. Il cuore dell’ Enklave era a Miramare. Il campo aveva le dimensioni di una piccola città, una babele di lingue e costumi di decine di migliaia di “abitanti” suddiviso in “quartieri” di baracche, in base alla nazionalità dei prigionieri, con tanto di cinema, grande sala concerti, chiese e quant’altro. Gli irriducibili, in prima fila gli appartenenti al corpo delle SS, sono tenuti separati dal resto degli internati. Un “paese del bengodi”, il campo di Miramare. Almeno agli occhi di tanti riminesi che sbarcano il lunario fra mille stenti. I rapporti fra Rimini e l’altra “città” internazionale che le è spuntata al fianco non superano mai il livello di guardia. Del resto, la promiscuità è affare d’ogni giorno, dal momento che ai prigionieri viene lasciata ben presto ampia libertà di movimento. Le fughe non sono episodiche. Di notte il confine fra il campo ed il mondo esterno praticamente sparisce. Fanno perdere le loro tracce, fra gli altri, nell’inverno fra il 1946 ed il 1947, fior fiore di criminali di guerra come il famigerato capitano SS Erich Priebke, condannato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, o forse l’ancor più pericoloso ed inquietante colonnello delle SS Walter Rauff; alla fine entrambi riparano in Sudamerica, attraverso la cosiddetta “via dei topi”. La strada dell’emigrazione clandestina, infatti, conduce da Rimini a Roma, come appurano gli agenti del controspionaggio americano. Non è l’unica pagina oscura nella storia dell’ Enklave. Che ci racconta anche del rocambolesco salvataggio da parte britannica di un’intera divisione delle SS, denominata “Galizia”, formata da volontari ucraini. Circa ottomila uomini, gli ultimi a lasciare Rimini nel giugno/luglio 1947. Destinazione, Inghilterra. A partire dai primi mesi del 1946 i prigionieri cominciano ad essere rimpatriati a ritmo via via più sostenuto. Parecchi di loro sarebbero ancora scesi sulle nostre spiagge in veste di turisti. In quell’afosa estate del 1947 la chiusura del lager di Miramare, salutata con entusiasmo dalla popolazione locale, era il segno che fnalmente la guerra è davvero finita anche in queste contrade.


A cura di

Alessandro Agnoletti
Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea della provincia di Rimini

Data dell'evento

Martedì, 15 Maggio 1945

Luogo dell'Evento


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