La liberazione della città di Piacenza dalle forze nazi-fasciste

“Piacenza, 28: dalle prime ore di questa mattina le Forze partigiane sono in possesso di Piacenza. La liberazione è ormai definitivamente concretizzata anche per la nostra città […]. I partigiani, infatti, delle tre Divisioni di montagna, appoggiati dagli appartenenti alle Sap., sono all’opera”. Così si legge in una delle relazioni che documentano l’insurrezione nel Piacentino (Archivio provinciale Anpi). È la mattina di sabato 28 aprile 1945: nelle prime ore della giornata intorno alle mura cittadine si attestano gli avamposti delle squadre divisionali dei sappisti. Sono proprio loro, al comando di Piero Bettini, a informare della folta presenza di gruppi di cecchini fascisti posizionati su tetti, abbaini, finestre e terrazzi in diverse strade di Piacenza. Fra le 7:00 e le 8:00, le brigate partigiane occupano il centro cittadino, entrando in contemporanea da varie direzioni: i primi sono i partigiani della brigata Mack della divisione Valnure al comando di Pio Godoli “Renato” da via Giordani e l’VIII brigata della divisione Piacenza, guidata da Enrico Rancati (Nico), da piazzale Genova: gli uomini, disposti su due colonne, procedono sui marciapiedi di Corso Vittorio Emanuele (G. Cattivelli, “Libertà”, 28 aprile 1946). Poco dopo le 8:00, Emilio Canzi (“Ezio Franchi”, da tutti riconosciuto come Comandante unico della XIII Zona, nonostante la destituzione ufficiale), con il suo stretto collaboratore Lorenzo Marzani “Isabella” e il comandante di brigata della 142ª “Romeo” Giuseppe Narducci “Pipotto”, raggiunge il balcone del municipio. Antonio Papamarenghi “Sceriffo” della brigata Caio della divisione Valnure fa suonare “al campanon” di Palazzo Gotico, come segno dell’avvenuta liberazione. Dal balcone del municipio prendono la parola il colonnello Canzi, il comandante della I Divisione Piacenza Fausto Cossu e l’avvocato Emilio Piatti, per il Cln. Più tardi, i Comandi partigiani si installano nel presidio di via Romagnosi e in Municipio; i distaccamenti delle tre Divisioni partigiane vengono accasermati in via Castello, a palazzo Farnese e nella sede del Genio Pontieri. In città si spara contro i cecchini e gli ultimi fascisti rimasti: in largo Battisti contro la sede della filiale del Credito Italiano, in piazza Duomo, in piazza Cittadella, in via Borghetto, via Venturini, via Calzolai, via Garibaldi, via Castello, via XX Settembre, via Mandelli, via Roma. Proprio lì avviene una delle ultime sparatorie della giornata contro i partigiani: a cadere è Giulio Guaragni della 38ª brigata della divisione Valdarda. La presa della città fa nuove vittime tra i partigiani: fra quelli che cadono negli ultimi scontri ci sono anche Fernando Carini della brigata Mazzini, Carlo Gatti della VII brigata della divisione Piacenza, Giuseppe Pellini della III brigata della divisione Piacenza e Rina Ferrari, aggregata al comando divisione Valdarda.

Davanti alla chiesa di San Francesco intanto partono le cosiddette “tosature” delle donne accusate di complicità con il fascismo e per questo costrette a sfilare, rasate, per le vie cittadine con cartelli ingiuriosi al collo. “Durante la notte le strade echeggiavano di colpi sparati con armi automatiche: facemmo del nostro meglio per calmare gli animi in questo senso, ma senza effetto” (Stephen Hastings, I tamburi della memoria, 2004).


A cura di

Elisabetta Paraboschi
Isrec- Istituto di storia contemporanea di Piacenza

 

Data dell'evento

Sabato, 28 Aprile 1945

Luogo dell'Evento


Le direttrici seguite dalle squadre partigiane sono quelle che collegano le quattro vallate piacentine (Val Trebbia, Val Nure, Val d’Arda e Val Tidone) alla città. Fra i luoghi maggiormente rilevanti per lo svolgimento della giornata si segnalano alcune vie e piazze del centro storico: via Giordani, Corso Vittorio Emanuele, Largo Battisti, Piazza Cavalli.

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