Seconda fase della zona libera di Montefiorino
Dopo il massiccio attacco tedesco di luglio-agosto 1944 contro la zona libera di Montefiorino, con il sopraggiungere dell’autunno le forze tedesche e fasciste si ritirano dalla zona montana e dal territorio di Montefiorino, non più strategicamente importante come lo era stato in precedenza. Vengono lasciati solamente alcuni nuclei a presidiare i punti chiave, come le strade che collegano le retrovie al fronte. A ciò fa seguito, dalla fine di novembre, una generale riorganizzazione sia militare sia “civile” del contesto partigiano nella zona. Si inaugura perciò la seconda fase della zona libera di Montefiorino, imperniata sull’esperienza di autogoverno delle amministrazioni democratiche comunali, costituite in estate e ancora attive a novembre. In questa nuova fase, che vede la collaborazione delle forze democristiane, comuniste, azioniste e socialiste, la zona libera è caratterizzata da un controllo pressoché completo da parte dei partigiani dal novembre 1944 fino alla fine della guerra, ad esclusione di un breve periodo nel gennaio 1945, quando un grande rastrellamento tedesco colpisce l’area. La zona libera vera e propria comprende la sponda sinistra del torrente Dragone e la valle del torrente Dolo, confinante a ovest con la zona libera reggiana. Altre porzioni di territorio come la sponda destra del Dragone, la valle del torrente Rossenna e il comune di Prignano sono controllati in parte, ma in maniera meno stabile e costante. La creazione della nuova zona libera è rappresentata simbolicamente dalla nascita del Comitato di Liberazione Nazionale della Montagna (CLNM), sorto in un’importante riunione a Civago tra il 29 e il 30 novembre 1944, nell’ambito di un’operazione di netta separazione tra gli organi civili e militari. Al suo servizio vengono istituiti un tribunale militare e un corpo di polizia. Il CLNM opera soprattutto sui comuni della zona libera: essenzialmente Montefiorino, Frassinoro, Prignano e Polinago. In questi ultimi tre vengono istituite stazioni della nuova polizia partigiana, che stabilisce il suo comando a Farneta di Montefiorino. Il tribunale militare si occupa invece di processare i nemici, i partigiani e i civili per reati sia militari sia civili, compito fino ad allora delegato alle singole formazioni partigiane.
Una delle attività più importanti del CLNM è quella di regolare gli intensi movimenti di migliaia di persone attraverso la zona libera e il loro passaggio del fronte, dotandosi di un centro di smistamento e di guide. Il CLNM si deve poi sobbarcare la gravosa gestione dell’approvvigionamento della popolazione e delle formazioni partigiane, compito che porta a termine interfacciandosi costantemente con il Comando della Divisione partigiana “Modena” e con le singole amministrazioni comunali.
Il CLNM si preoccupa anche di riaprire le scuole elementari, di concerto con le amministrazioni comunali.
Ci si cura inoltre dell’assistenza sanitaria nei confronti di cittadini e partigiani, che in quella situazione avevano difficoltà a raggiungere gli ospedali delle città di Modena, Sassuolo e Reggio Emilia: vengono creati e potenziati gli ospedali partigiani di Civago e Fontanaluccia, che aprono le loro porte anche ai civili.
Infine, il CLNM tenta di svolgere un ruolo di coordinamento e controllo sovracomunale nei confronti delle amministrazioni dei singoli municipi.
L’aiuto fornito dal CLN della pianura si dimostra, nonostante le numerose e reiterate richieste, insufficiente per soddisfare le esigenze della montagna.
Montefiorino dopo i rastrellamenti: la seconda fase della zona libera di Dana Portaleone, tratto dal sito E-Review - Rivista degli Istituti Storici dell'Emilia Romagna in Rete
La liberazione di Modena
Alle ore 6.00 del 22 aprile 1945 arrivano nella zona della Crocetta, a Modena, i reparti partigiani di Nonantola, Castelfranco Emilia e della frazione di Gaggio, i quali poco dopo le 7.00 occupano l’incrocio di via Ciro Menotti e si dividono poi in tre squadre che, per vie diverse, puntano ad avvicinarsi verso il centro della città da nord-est.
Sempre alle 6.00 anche le formazioni della 16a Brigata d’Assalto “Mario Allegretti” entrano in azione da sud. Queste unità, insieme a nuclei dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP), delle Squadre di Azione Patriottica (SAP) e delle Squadre Armate Italia (SAI), procedono allora ad occupare e ripulire da piccoli gruppi di tedeschi rimasti la questura, le carceri, il municipio, la Banca d’Italia, oltre ad altri edifici pubblici.
A fine mattina interviene anche la 12a Brigata d’Assalto “Mario”, che verso le 12.00 mette in salvo l’acquedotto cittadino vicino a Cognento, minato in precedenza dai tedeschi. Il reparto poi si posiziona presso i viali esterni del centro storico, approntando posti di blocco nella parte iniziale di via Giardini e di via Emilia ovest. In quel frangente, il distaccamento “Oberdan” della brigata cattura il comandante di piazza tedesco, Förster, in procinto di fuggire.
A mezzogiorno e alle 15.00 si combatte in pieno centro, nelle zone tra via Ganaceto, via Rismondo e piazza Impero (l’attuale piazza Matteotti).
Nel frattempo giunge in città Marcello Sighinolfi “Mirko”, del Distaccamento “Achille” della 65a Brigata d’Assalto “Walter Tabacchi”, che riceve l’ordine di portare altri partigiani di Nonantola in città. Dopo tre ore ritorna con i rinforzi e riesce ad occupare la caserma Montecuccoli, su viale Vittorio Emanuele.
L’attenzione dei partigiani si concentra allora sull’edificio dell’Accademia, dove è attestato il presidio militare tedesco. Il gruppo di partigiani di Nonantola e Castelfranco si apposta vicino al cancello principale dell’Accademia, in piazza Roma, dove vanifica due tentativi di fuga da parte di automobili tedesche.
Alle 16.30 entrano dunque in Accademia Alberto Tusini “Brusone”, comandante di un distaccamento della Brigata “Mario Allegretti”, un interprete e un ufficiale tedesco, con il compito di consegnare la lettera del Gen. Marco Guidelli “Max”, capo del Comando Militare Provinciale partigiano, per chiedere ai tedeschi la resa immediata e senza condizioni. Dopo lunghe discussioni il presidio si arrende. L’Accademia viene dunque occupata dai partigiani di Marcello Sighinolfi “Mirko”.
Durante la sera e la notte si registra ancora qualche scontro tra partigiani e gruppi di tedeschi, come per esempio quello avvenuto intorno alle 18.00 presso l’incrocio tra la via Emilia e via Ciro Menotti, che vede combattere i partigiani del Distaccamento “Giuseppe” della Brigata “Walter Tabacchi”, intenti a presidiare la via Emilia al comando di Sergio Scaglietti “Oscar”, con un reparto corazzato tedesco.
Alle ore 20.00 circa le truppe statunitensi fanno il loro ingresso in città, attraverso la via Emilia. In precedenza solo poche pattuglie americane erano arrivate in città, unendosi ai combattimenti; il grosso delle forze aveva preferito aspettare.
Con la resa del presidio tedesco in Accademia e la fine degli ultimi scontri, non registrandosi forze fasciste in città, Modena è libera.
La Liberazione di Modena era costata 45 caduti e 27 feriti. Tra questi non solo partigiani, ma anche molti civili accorsi al loro fianco durante i combattimenti, ai quali avevano partecipato attivamente.
La liberazione di Modena su Resistenza mAPPe e su Rivoluzioni Crisi Trasformazioni